Cultura

Pregiate bollicine di confine: la Champagne della Côte des Bar

Serpentine argentate, ad affrescare il profilo delle vallate all’estremità più a sud della Champagne, tratteggiandole con le loro insenature e gli incroci di confluenze. È il grande spettacolo dei corsi d’acqua dell’Aube, della Senna, dell’Ource e di tutti gli altri fiumi e canali che tagliano in due la Champagne della Côte des Bar che regala la propria fisionomia a questa terra di confine, che guarda in direzione dell’Aube e dell’Haute-Marne. Tra i due capisaldi di Bar-sur-Aube e Bar-sur-Seine, si estende per chilometri un mosaico di vigne dalle caratterizzazioni differenti, per via delle singole esposizioni oltre che dei terreni su cui poggiano: polarizzazione della Côte des Bar, che a settentrione si traduce col nome Bar-sur-Aubois e a meridione assume quello di Barséquanais. È il Pinot Noir a tornare indiscusso signore a queste longitudini, ma grazie a clima, profilo geologico e differenti sensibilità in tema di coltivazione della vigna, si caratterizza per una sobria lievità che lo rende differente se confrontato a quello della Montagne de Reims. E poi c’è il suolo: un terreno in cui si incontrano prevalentemente argilla e calcare, ritrovando un profilo che somiglia a quello che, più a sud, caratterizza l’area di Chablis. Si faccia, dunque, attenzione: sebben lontana dal centro nevralgico dell’azione dei Grand Cru, la Champagne della Côte des Bar è tutt’altro che figlia di un dio minore.

"La Côte des Bar è Champagne opposta rispetto alla rappresentazione classica della regione"

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La prima dimostrazione arriva dallo Champagne Extra Brut Clarevallis di Drappier, oro bianco frutto di un assemblaggio, tra i minoritari Meunier, Chardonnay e Pinot Blanc con il preponderante Pinot Noir, che si fa racconto della collina di Urville. La stessa, dove nel XII secolo San Bernardo fondò l’Abbazia di Clairvaux e dove oggi la Maison, che fu la preferita da generale De Gaulle, conserva ad affinare, nelle stesse cantine costruite dai monaci cistercensi, alcune delle sue cuvée più prestigiose.

Ma la narrazione della Côte des Bar è innanzitutto storia di Vigneron. Come quella di una nuova generazione “sostenibile” di viticoltori indipendenti, che punta ad esaltare la peculiare espressività del territorio, contemporaneamente preservandolo: ben descrive questa inclinazione lo Champagne Extra Brut Blanc de Noirs di C.H. Piconnet, un 100% Pinot Noir orgoglioso rappresentante del terroir in cui nasce.

La medesima impronta naturale, non solo in vigna ma anche in cantina, è quella che lascia dietro sé lo Champagne Bulles de Comptoir #9 Tradition di Charles Dufour. Vino a tutto tondo, prima che Champagne, cui contribuiscono i vin de réserve di ben sette annate, è lo studiato mix di Pinot Noir e Chardonnay, cui si aggiunge un indispensabile tocco finale di Pinot Blanc.

foto_1.jpgPochi, invece, conoscono il segreto dietro lo Champagne Brut Nature Les Semblables (Boréal) di Clandestin. Questa etichetta è frutto dell’incontro tra Bertrand Gautherot e il suo giovane braccio destro Benoit Doussot, ma soprattutto di un Pinot Noir che cresce su di una fortunata miscela di argilla e calcare: quella che compone la singolare tipologia di suolo, che i geologi hanno denominato “Kimmeridgian”, che sta (letteralmente) alla base dei vini più pregiati e famosi al mondo.

Altra specialista del Pinot Noir, da cinque generazioni, è la famiglia di Vigneron Coessens che produce lo Champagne Largillier Blanc de Noirs. Anche in questo caso, il suolo ritorna assoluto protagonista: grazie a quell’argilla che definisce un vigneto che è a tutti gli effetti monopolio. Un angolo davvero unico della Côte des Bar, che i Coessens hanno suddiviso, in base al profilo gustativo, in Minéral, Matière, Fruit e Fleur, di cui solo gli ultimi due intervengono nella creazione di questa cuvée.

“L’arte di essere naturale” è, invece, la filosofia che definisce e qualifica lo Champagne Brut Blanc de Noirs di Fleury. Un’etichetta che racconta, con il suo vigoroso ma al contempo elegante Pinot Noir in purezza, il cammino che da decenni percorre un vero precursore della biodinamica, non soltanto della Côte des Bar.

Ancora agli albori è la realtà guidata da Simon e Marie Normand: una tenuta che fratello e sorella gestiscono là dove la Senna incontra l’Arce. Vi prende vita un Blanc des Blancs insolito e divertente: lo Champagne Extra Brut La Confluente del Domaine La Borderie, blend fuori dagli schemi da 80% Chardonnay e 20% Pinot Blanc.

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Cuvée di singole annate, da singole parcelle e senza dosaggio: è questa la filosofia di Bénédict, ex insegnate di educazione fisica diventato Vigneron. Il suo Ruppert Leroy Champagne Brut Nature Fosse-Grely è blend paritario di Pinot Noir e Chardonnay dal lieu-dit La Fosse: là, nel Domaine a Essoyes, dove fino al 1980 al posto di crescere l’uva pascolavano ancora le pecore. Poche bottiglie, ma tanta passione è quel che, infine, caratterizza il giovane Vigneron Vincent Couche creatore dello Champagne Brut Nature Chloé. Parliamo di uno Champagne burroso, grazie al fortunato incontro tra il Pinot Noir di Buxeuil e lo Chardonnay di Montgueux: l’ennesima “piccola” riprova dell’assoluta grandezza degli Champagne della Côte des Bar.

Scopri qui la selezione degli Champagne della Côte des Bar di GLUGULP!